La tribù Bishnoi – Una fede fondata sulla protezione della natura, sulla devozione per Vishnu e l’egualitarismo. Prosopis cinerariaIl nome Bishnoi – dei ventinove – deriva dal numero di precetti basici, i 29 comandamenti, enunciati dal profeta e fondatore di questa ridotta comunità che si concentra nell’India Nord-occidentale, principalmente in Rajasthan nella zona di Jodhpur, ma secondo alcuni è dovuto anche alla divinità a cui gli adepti sono devoti: Vishnu.
Con ogni probabilità influenzato all’epoca dal dilagante movimento Bhakti, Guru Jambheshwar, altrimenti noto come Jambhoji, fu un nobile appartenente al clan rajput dei Paramara. Dopo una schiva gioventù trascorsa in fascinazione per la natura e come mandriano, sulle orme di Krishna – l’ amatissima manifestazione di Vishnu – Jambhoji fondò nel 1485 una comunità ideale, si narra dopo una dura siccità che aveva colpito per oltre un decennio la regione rajasthana del Mewar e dopo l’illuminazione, contemporanea secondo la tradizione alla sua scoperta di una sorgente che salverà abitanti ed animali in quello che oggi è il villaggio di Jhamba.
Nonostante la sua appartenenza alla casta degli Kshatriya, Jambhoji come circa due millenni prima di lui Buddha e Mahavira, condannò ed escluse il sistema castale dalla sua comunità ideale, accettando al suo interno chiunque aderisse ai suddetti 29 princìpi, tra i quali spiccano quelli dove è vietato l’abbattimento di alberi vivi e l’uccisione di qualsiasi tipo di animale, oltre alla proibizione di commerciare in oppio, di assumere stupefacenti, alcolici e tabacco. La separazione castale non fu l’unico precetto induista ad essere bandito: probabilmente per non intaccare inutilmente le già scarse risorse di legname della regione e mutuando l’usanza dall’Islam, in perfetto stile sincretico bhakti, prescrisse infatti per i defunti della comunità l’inumazione, al posto della cremazione.
Dopo la morte di Jambhoji, avvenuta nei dintorni del 1537 nei pressi di Bikaner e la sua conseguente deificazione, la sua comunità crebbe, si rafforzò e le notizie della strenua, anche aggressiva difesa della natura nelle loro zone, contro cacciatori e collettori di legname divenne nota in tutta l’India nord-occidentale. Risale al 1604 il primo di molti racconti a proposito della resistenza fino al sacrificio di membri della comunità in difesa dell’ambiente. Due donne bishnoi, Karma e Gora del villaggio Ramsari, si lasciarono uccidere piuttosto che permettere l’abbattimento di alcuni Khejri ( Prosopis cineraria ), alberi che ricevono in Rajasthan la stessa amorevole devozione che altrove in India è destinata ai Pipal e Banyan ( ficus religiosa ). Tristemente celebre fu il massacro di Khejreli del 1730: 360 persone guidate dalla bishnoi Amrita Devi vennero uccise mentre proteggevano gli alberi che il maharaja Abhay Singh di Jodhpur, per mano dei suoi soldati, voleva abbattere per certe necessità edilizie di palazzo.
E’ a questa religione che si ispirò poi negli Anni 70 il movimento ambientalista indiano Chipko, che vedeva ancora una volta le donne protagoniste contro la deforestazione e la difesa dell’ambiente per mezzo dell’abbraccio fisico delle piante condannate e al quale aderì l’allora giovanissima Vandana Shiva.
Oggi gli appartenenti alla comunità sono impegnati alla conservazione gandhiana di una economia autosufficiente e del tutto ecocompatibile di villaggio e sono numerose le offerte di Bishnoi safari incluse tra le escursioni in partenza da Jodhpur. Ma non sempre saranno veri bishnoi coloro che incontrerete e che vedrete tessere Durries e modellare per voi oggettini in terracotta.
Ancora oggi si dice che la peggiore cosa che può accadere a un cacciatore in India non sia quella di imbattersi impreparato in una belva feroce, ma quella di trovarsi di fronte un Bishnoi infuriato.